La strada per Lhasa

Ero ai piedi di un monte. Davanti a me si snodava una mulattiera. Alcune capre mi superarono inerpicandosi tra i sassi su per il ripido sentiero. Decisi di seguirle.
Arrivato a un tornante sollevai la testa per ammirare la parete di tufo che delimitava il cammino. In alto dipinta con i colori rosso, oro e arancio campeggiava un'enorme incisione in caratteri tibetani. Non so cosa vi fosse scritto, ma sapeva di antico e di sacro.
Quando mi voltai, le capre non c'erano più e la mulattiera era diventata una strada lastricata di ciottoli bianchi, chiusa ai lati da parapetti più alti di me. Mi sembrava di camminare sopra la Grande Muraglia. Dietro i bastioni spuntavano i tetti della città sottostante, le guglie dei monumenti e delle chiese. La strada puntava dritta verso la vetta della montagna. Sentivo che dovevo affrettarmi, perché lassù c'era qualcuno ad attendermi.
Proseguendo il cammino raggiunsi una torre forata da un grande arco di pietra. Attraversandolo mi resi conto che si trattava di un tempio a forma di portale, oltre il quale la strada continuava a salire sempre più in alto fino a un secondo portale che si scorgeva piccolo in lontananza.
— Oltre quello ce ne sono altri sette — mi disse qualcuno alle mie spalle.
Era un monaco calvo, vestito con un saio arancione. S'inchinò e io ricambiai il saluto. Poi volgendosi avanti verso la vetta aggiunse: — Lassù c'è il Dalai Lama.
S'incamminò e io dietro a lui.
Giunti al portale il monaco strusciò senza accorgersene la veste contro un altarino facendo cadere a terra alcune monete votive. Il freddo tintinnio del metallo sulla pietra destò in me una profonda paura, come se avessi commesso un orrendo sacrilegio.
Mi arrestai sulla porta con il cuore tremante. La mia missione era ormai compromessa. Per me era impossibile proseguire. Cercai il monaco, ma era scomparso. Non sapevo cosa fare. Stavo già per rinunciare a tutto quando dal nulla spuntò un mercante. Vedendo le monete a terra mi sorrise dicendo: — Nessuna paura. Basta rimetterle a posto.
E così detto ne raccolse una per darmi l'esempio e la ricollocò sul fazzoletto sopra l'altarino. Rincuorato dal suo gesto mi chinai a terra, raccolsi le altre monete e tenendole nella coppa delle mani le feci scivolare con devozione sopra il fazzoletto.

Questo è il mio sogno di stanotte. Non so quanto fosse lunga quella strada, né se alla fine sia riuscito ad arrivare a Lhasa. Alcuni sciamani credono che viaggiando nei sogni si possa arrivare a incontrare Dio. Forse è così, o forse sono io che voglio credere che sia così. È perciò che da oggi ho deciso di documentare i miei sogni, per scoprire i loro confini e fin dove possono portarmi.

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