Dio nell'armadio

L'Europa dopo il diluvio (1940-1942)
Max Ernst
Vagavo tra le rovine di una città rasa al suolo facendomi largo tra sipari di fumo. Non so cosa l'avesse distrutta, se un'esplosione atomica o una catastrofe naturale.
Come in un quadro di Ernst il paesaggio era un groviglio di macerie mute, senza più anima. Una neve grassa di polveri e detriti scendeva lenta contaminando ogni cosa, e carta, tanti fogli di carta, che sfarfallavano attorno come piccoli spettri addormentati. Lontano i roghi soffocavano l'aria con i loro miasmi, mentre gli scheletri dei palazzi additavano il cielo quasi volessero lacerarlo con i loro artigli di ferro e trascinarlo giù ponendo fine a quel poco che ancora restava del mondo.
Cercavo qualcosa di vivo sperduto tra i detriti. Ma non incontrai nessuno, né uomini, né animali come se quelle case e le strade non fossero mai state abitate. Nemmeno un cadavere. Dove erano finiti tutti? Che si fossero messi in salvo prima del sopraggiungere dell'apocalisse? E allora perché io ero lì?
Poi un barbaglio e un gemito interruppero i miei pensieri. Con la coda dell'occhio vidi qualcosa muoversi alla mia destra. Mi voltai e vidi un armadio: un'anta sbatteva irrequieta scossa dal vento. Quell'armadio era là tra le macerie, così da solo, in mezzo al nulla come se la casa attorno si fosse dissolta nel vuoto.
Mi avvicinai pieno di domande e incurante del pericolo. Aprii l'anta e dentro trovai Dio. Aveva una grande testa di leone, ma io sapevo che non era un leone. Tremava di paura, perciò si era nascosto. Allora allungai una mano verso di lui per invitarlo a uscire. Gli dissi: — Non aver paura, io sono dalla tua parte.
Lui mi sorrise e dall'enorme testa di leone la criniera si sciolse in una lunga barba folta fino ai piedi. Ci sedemmo uno accanto all'altro, tenendoci per mano, contemplando quell'enorme distruzione. Poi mentre il tramonto calava lontano vidi il suo sorriso spandersi sulla città spegnendo gli ultimi fuochi.

Un omaggio a The Big Kahuna.

Nessun commento:

Posta un commento